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USA e debito pubblico: c’è una via di uscita?

In che misura devono preoccuparsi gli investitori per il netto aumento del debito pubblico USA?

Agosto 2024, From the Field

Punti essenziali
  • Il rapporto tra debito e prodotto interno lordo (PIL) degli Stati Uniti è ormai prossimo a toccare il suo massimo storico e le proiezioni lo vedono in continua crescita.
  • Al contempo, in passato gli Stati Uniti hanno ridotto significativamente il proprio rapporto debito/PIL. Ciò è avvenuto tre volte: dopo la Prima e la Seconda guerra mondiale, e durante gli anni '90.
  • In un’ottica di investimento, e dopo aver studiato in dettaglio questo argomento, non sono molto preoccupato per l’impatto del debito elevato sull’economia e i mercati, nell’orizzonte temporale dei prossimi 12 mesi.

I cambiamenti lenti e graduali possono assopire i responsabili aziendali in uno stato di dormiveglia segnato dall’autocompiacimento. La seguente metafora è molto utilizzata nelle riunioni di strategia aziendale: le aziende appagate assomigliano a una rana immersa in una pentola, con dell’acqua che diventa lentamente sempre più calda: all’inizio non si rendono conto della situazione sfavorevole, fino al punto in cui è troppo tardi, perché finiscono letteralmente bollite.

Se i vostri competitor stanno a poco a poco guadagnando quote di mercato ogni anno, chiedetevi: stiamo rischiando di diventare una rana bollita a fuoco lento?

Un buon esempio di questa metafora in campo macroeconomico può essere il lento ma deciso incremento del livello del debito pubblico statunitense. Finora, non vi sono state conseguenze economiche disastrose, ma l’acqua sta iniziando a diventare sgradevolmente calda. L’acqua sta per bollire?

(La vicenda dalla rana bollita a fuoco lento è una storia inventata. Dr. George R. Zug, conservatore di rettili e anfibi al National Museum of Natural History, utilizza un termine differente (simile a “rana-toro”) e ribadisce che “se una rana avesse la possibilità di uscire dalla pentola, indubbiamente salterebbe fuori."1)

Nelle ultime due settimane, ho analizzato a fondo questo quesito con Blerina Uruçi, chief U.S. economist in T. Rowe Price. Le devo gran parte del merito per aver elaborato la seguente analisi, anche se da parte mia ho inserito alcune opinioni e (forse) degli errori.

Forse abbiamo le capacità per sollevarci da questo enorme fardello del debito. Forse ciò avverrà, anche perché ci siamo già riusciti in passato. E in caso contrario, forse l’acqua rimarrà costantemente tiepida per qualche anno e impareremo l’arte di convivere con un elevato livello di debito.

A essere sinceri, ho esitato a scrivere questo articolo. Di fatto, è un argomento che può velocemente assumere connotati politici. Ma ho deciso di scriverlo perché i clienti continuano a domandare il mio parere in merito al preoccupante livello del debito pubblico statunitense. Concentrerò la mia analisi sul lato economico e sui mercati finanziari. Osserviamo quindi entrambi i lati della medaglia: perché preoccuparsi (oppure no) del debito. Il seguente commento dovrebbe essere letto in chiave apolitica.

In un recente sondaggio, ho tastato il polso dei miei follower su LinkedIn: il 44% di loro è preoccupato, il 9% non sa cosa rispondere, mentre il 47% non è preoccupato. Questo verdetto non unanime segnala che è un tema meritevole di approfondimento.

I motivi di preoccupazione

Il rapporto tra debito e prodotto interno lordo (PIL) degli Stati Uniti è ormai prossimo a toccare il suo massimo storico e le proiezioni lo vedono in continua crescita, come evidenziato dal grafico sottostante. La crisi finanziaria globale del 2008, i pacchetti di stimolo del periodo pandemico, insieme ai continui deficit di bilancio, hanno alimentato la crescita del debito.

(Fig. 1) Debito USA, in percentuale del PIL USA

Debito USA, in percentuale del PIL USA

Fonti: Debito USA in rapporto al PIL, con riferimento al periodo dal 1900 al 1942—Jordà-Schularick-Taylor, MacrohistoryDatabase; dal 1943 al 2023—St. Louis FRED; Proiezioni per il periodo 2024-2029—Office of Management and Budget/Haver Analytics. Fonte per la classificazione delle recessioni: National Bureau of EconomicResearch/Haver Analytics.

A fronte dei tassi elevati e del cospicuo stock di debito, la spesa per interessi passivi è salita in prossimità della soglia record e le proiezioni la vedono in continua crescita, fino a superare il picco storico degli Stati Uniti (come percentuale del PIL).

Nel 2024, si prevede che la spesa per interessi passivi oltrepassi il capitolo di spesa dedicato alla Difesa nazionale, diventando così la terza voce di spesa più grande dopo i programmi Medicare/Medicaid e la previdenza sociale. Sulla base delle sue ricerche fondate su decenni (o addirittura secoli) di dati relativi a diversi Paesi, lo storico Niall Ferguson ha lanciato un minaccioso campanello d’allarme sullo stato attuale del debito:

(Fig. 2) Spesa per interessi passivi netti, in percentuale del PIL USA

Spesa per interessi passivi netti, in percentuale del PIL USA

Fonte: Congressional Budget Office 1940–2023. Valori stimati per il periodo dal 2024 fino al 2034.

“Per iniziare a vedere le prime crepe di un impero, l’indizio più importante si ha quando il costo del servizio del debito oltrepassa la voce di spesa allocata al budget della Difesa."2

Siete già inquieti? Ecco un motivo in più per non dormire sonni tranquilli: il livello attuale del deficit (escludendo il servizio del debito) è insolitamente elevato. Non è coerente con un tasso di disoccupazione al 4%, che generalmente implica una tenue necessità di stimolare l’economia, perlomeno osservando i dati storici. Il deficit è nettamente aumentato durante la fase pandemica, come da previsioni, ma il rientro alla “normalità” si sta rivelando complicato.

Il grafico sottostante evidenzia che, in base alle corrispondenze storiche ed escludendo la peculiare fase pandemica del 2020-2021, il livello attuale del deficit è più in linea con un tasso di disoccupazione prossimo all’8%. Per avere una controprova, è sufficiente visualizzare il punto giallo del 2023 e tracciare una linea orizzontale che interseca la corrispondenza storica (la linea blu tratteggiata).

(Fig. 3) Deficit USA (saldo primario) rispetto al tasso di disoccupazione USA (esclusi gli anni 2020 e 2021)

Deficit USA (saldo primario) rispetto al tasso di disoccupazione USA (esclusi gli anni 2020 e 2021)

Fonti: Saldo primario in % del PIL: CBO/Haver Analytics; Tasso di disoccupazione: BLS/HaverAnalytics dal 1965 fino al 2023. Nota: I dati riferiti al 2020 e 2021 sono stati esclusi a causa dell’impatto delle misure anti-pandemia.

Per il mio sondaggio su LinkedIn, mi sono concentrato sull’orizzonte temporale di 12 mesi. Non escludo che molte delle criticità analizzate siano in fase di “lenta ebollizione”. Se avessi chiesto ai miei follower di esprimere il loro grado di preoccupazione in merito al debito pubblico, con un orizzonte temporale pari a 5 o 10 anni, forse i risultati avrebbero segnalato un grado di preoccupazione superiore.

Le ragioni per rimanere tranquilli

Per quali ragioni dovremmo rimanere tranquilli?

In primis, il contraccolpo dei tassi elevati potrebbe essere meno intenso, in quanto i prestiti a lungo termine sono stati contratti quando i tassi erano prossimi allo zero. Il grafico sottostante mostra che il tasso di interesse effettivo, il tasso medio ponderato che il governo degli Stati Uniti paga sul proprio debito, è tuttora basso, rispetto al tasso di interesse attuale.

(Fig. 4) Tasso di interesse effettivo

Tasso di interesse effettivo

Fonti: Tasso di interesse medio: Treasury/Haver Analytics dal 1952 al 2023.* La fonte per le proiezioni CBO proviene dal Congressional Budget Office, con stime che coprono il periodo dal 2024 al 2054.

L’attuale tasso medio applicato ai mutui ipotecari negli Stati Uniti è superiore al 7%.3 Nel corso di una conferenza che ho tenuto qualche settimana fa, ho chiesto agli oltre 300 partecipanti di alzare la mano, nel caso in cui il tasso del mutuo sulla loro casa fosse inferiore al 4%. Circa il 90% dei presenti in sala ha alzato la mano. La maggior parte dei proprietari di casa ha rifinanziato il proprio mutuo quando i tassi erano nettamente più bassi. Il tasso effettivo dei mutui ipotecari negli Stati Uniti è pari al 3,78%, molto più basso rispetto al tasso attuale del 7% applicato a un nuovo mutuo di durata trentennale.

In maniera analoga, le imprese e il governo degli Stati Uniti hanno rifinanziato i loro debiti a lungo termine a tassi estremamente bassi. Di conseguenza, l’impatto del rialzo dei tassi della Fed (pari a 550 punti base) sull’economia è stato meno intenso del previsto.

Si potrebbe però argomentare che la mole del debito è così elevata che il valore totale in dollari della spesa per interessi passivi è ormai alle stelle. Ciò è vero, ma la Fed è ormai prossima a tagliare i tassi. I tassi a lungo termine pertanto potrebbero arrecare lievi ripercussioni, se dovessero calare prima del nuovo round di rifinanziamento del debito a lungo termine da parte del governo. (Questo assunto si basa sulla nozione che i tassi a breve e lungo termine siano correlati, un trend che a volte non si verifica.) Inoltre, i tassi a breve più bassi saranno un toccasana immediato per lo stock di debito a breve termine.

A scanso di equivoci, non so quanto sia salda questa argomentazione, in quanto contraddice le proiezioni ufficiali del Congressional Budget Office (CBO) degli Stati Uniti, relative alla spesa per gli interessi passivi netti, come evidenziato in precedenza.4

Un altro motivo ci induce a rimanere tranquilli; gli Stati Uniti hanno infatti ridotto significativamente il proprio rapporto debito/PIL in passato. Ciò è avvenuto tre volte: dopo la Prima e la Seconda guerra mondiale, e durante gli anni '90. La Figura 1, dal titolo “Debito USA, in percentuale del PIL USA” visualizza tali periodi con delle barre rosse sull’asse orizzontale.

Ci sono tre metodi per ridurre il rapporto debito/PIL:

  1. ridurre il deficit (con una minore spesa o più tasse);
  2. ridurre il costo del debito, riducendo i tassi di interesse, come descritto in precedenza; e
  3. con la crescita del PIL (a un ritmo più elevato rispetto al tasso d’interesse reale).5

(Il quarto metodo è mediante l’inflazione, anche se non ha sempre successo. Il debito pubblico può essere osservato da varie angolature: l’inflazione incrementa il denominatore (PIL) e le entrate fiscali mentre svaluta il denaro utilizzato per pagare gli interessi sul debito (secondo il mio esempio intuitivo). Questi effetti riducono il debito.

Al contempo, l’inflazione tende a far aumentare i tassi d’interesse e la spesa pubblica. Tra gli studiosi, continua il dibattito sull’effetto netto dell’inflazione sul rapporto debito/PIL, che dipende da molte variabili. “In definitiva, se si vuole ridurre il debito con l’inflazione, occorre stabilire un tetto massimo ai tassi d’interesse, uno stratagemma che assomiglia a una sorta di repressione finanziaria,” come spiegato da Blerina.)

Queste misure volte a ridurre il debito sono complicate e poco verosimili nell’attuale scenario politico, e se considerate da sole non sono sufficienti. Inoltre, un eccesso di contrazione del deficit o di “soppressione” finanziaria potrebbe innescare delle ripercussioni negative.

Forse, un giusto mix dei metodi sopra elencati, abbinato a una discreta crescita del PIL, è il modo migliore per evitare che il problema del debito diventi ingestibile e con conseguenze nefaste. Le lezioni del passato ci insegnano che ciò è possibile.

(Fig. 5) L’evoluzione del debito USA inserito nel contesto internazionale

L’evoluzione del debito USA inserito nel contesto internazionale

Fonte: IMF/Haver Analytics dal 1900 al 2029. Raffigurato dal Debito pubblico (in % del PIL) dal 1990 fino al 2015 e dal Debito lordo della pubblica amministrazione (in % del PIL) dal 2016 fino al 2029. I dati dal 2024 fino al 2029 si riferiscono a delle proiezioni dell’IMF.

Un altro motivo assai in voga che ci induce a rimanere tranquilli è dato dalla forte domanda per il debito degli Stati Uniti. Anche se il rapporto debito/PIL sta crescendo e l’inflazione potrebbe svalutare il dollaro USA, Arslanalp e Eichengreen (2023) mostrano che c’è una “penuria globale di beni rifugio.” I rapporti tra il debito e il PIL sono in aumento ovunque; per avere una controprova, basta osservare il trend del Regno Unito, Italia e Giappone, nel grafico precedente.

5 Ecco un quadro dettagliato proposto da Arslanalp e Eichengreen al simposio di Jackson Hole nel 2023:

Quadro proposto da Arslanalp e Eichengreen al simposio di Jackson Hole nel 2023

La seconda equazione semplifica la prima. “D” è il debito espresso in percentuale del PIL, “r” è il tasso d’interesse reale, “g” è la crescita reale del PIL, e “Deficit” è il saldo primario, ovvero la differenza tra le entrate e le spese, escluse le spese per interessi sul debito.

Pertanto, il debito degli Stati Uniti potrebbe rimanere il migliore degli “alunni scapestrati”, mentre il dollaro USA ha le carte in regola per rimanere la valuta di riserva detenuta dalle banche centrali e utilizzata nelle transazioni finanziarie, un privilegio che consente agli Stati Uniti di sopportare dei deficit senza troppi sconquassi, come ha rimarcato malinconicamente un noto economista francese in una sua nota.6

In aggiunta, possiamo con la dovuta cautela “convivere” con livelli più elevati del debito; in questo scenario, per riprendere l’esempio della rana, la temperatura dell’acqua solo più tepida non porterebbe a conseguenze fatali. Avete per caso sentito parlare del più celebre errore in Excel mai commesso nella storia dell’economia? Vi segnalo due dei miei articoli preferiti che trattano questa vicenda:

Da Bloomberg Business Week (18 aprile 2013):

“Reinhart, Rogoff, and the Excel Error That Changed History”

Da The Conversation (22 aprile 2013):

“The Reinhart-Rogoff error—or how not to Excel at economics” 

Nella loro analisi di ricerca originaria, gli autorevoli economisti Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff avevano affermato che i Paesi con un rapporto debito/PIL superiore al 90% registravano una crescita negativa (-0,1%). Tuttavia, quando un altro di team di studiosi ha cercato di ripetere l’analisi di ricerca, il risultato finale mostrava una crescita pari al +2,2%. Come si spiega tale discrepanza? Reinhart e Rogoff “non avevano selezionato l’intera riga al momento del calcolo della media dei dati di crescita: non avevano incluso i dati di Australia, Austria, Belgio, Canada e Danimarca."7

A dispetto dell’errore palese, il monito è che il dibattito accademico su questo tema è ancora aperto. Pertanto, in ultima analisi deduco che non è assodata l’equazione alto debito = bassa crescita, che può dipendere da vari fattori, mentre gli Stati Uniti si trovano in una situazione peculiare, visto che il loro debito richiama una forte domanda.

Infine, nelle fasi in cui il debito è in calo si osserva una migliore performance in media delle azioni, come mostra il grafico seguente; ciò può apparire poco intuitivo, dato che l’austerità fiscale di norma dovrebbe tenere a freno la crescita. Non va dimenticato che si può migliorare il rapporto debito/PIL attraverso la crescita dell’economia.

(Fig. 6) Azioni USA rispetto alle obbligazioni USA, nei periodi in cui il rapporto debito/PIL era in calo

Azioni USA rispetto alle obbligazioni USA, nei periodi in cui il rapporto debito/PIL era in calo

La performance passata non è un indicatore attendibile della performance futura.
Fonti: Per il rapporto debito/PIL, si veda il grafico antecedente. Dal 1900 al 1942, Jordà-Schularick-Taylor Macrohistory Database; dal 1943 al 2023, St. Louis FRED. Le azioni sono raffigurate dalle performance delle azioni USA large-cap, periodo 1900–1925, Jordà-Schularick-Taylor Macrohistory Database; periodo 1926–2023, Morningstar Direct (dati storici SBBI). Le obbligazioni sono raffigurate dalle performance dei titoli di Stato USA a lungo termine, periodo 1900–1925, Jordà‑Schularick‑Taylor Macrohistory Database; periodo 1926–2023, Morningstar Direct (dati storici SBBI).

Punti salienti

Il livello del debito pubblico degli Stati Uniti presta il fianco a situazioni di vulnerabilità, soprattutto in caso di recessione. Il debito ha raggiunto un livello record e la spesa per interessi sul debito sta oltrepassando il capitolo di spesa dedicato alla Difesa nazionale. Questa è una problematica a lungo termine.

Tuttavia, vi sono ragioni per non eccedere negli allarmismi, almeno per il momento. In passato, gli Stati Uniti sono riusciti a ridurre lo stock di debito; se ciò non fosse più possibile, alcuni dati ci segnalano che il debito elevato non azzera automaticamente la crescita, specie per un Paese il cui debito “sicuro” ha storicamente richiamato una forte domanda.

In un’ottica di investimento, e dopo aver studiato in dettaglio questo argomento, non sono molto preoccupato per l’impatto del debito elevato sull’economia e i mercati, nell’orizzonte temporale dei prossimi 12 mesi.

Per chiudere con un’osservazione agrodolce (perché i toni ottimistici sono spesso dei luoghi comuni), la domanda a lungo termine rimane: la lenta ma inesorabile crescita del debito degli Stati Uniti sta giungendo a un punto di rottura, per cui lo stesso potrebbe non essere più considerato come il più affidabile “bene rifugio” al mondo?

Ringrazio sentitamente Blerina Uruçi, Rob Panariello, Charles Shriver e Chris Faulkner‑MacDonagh per il loro contributo a questa analisi.

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1 Dall’edizione di ottobre 1995 di Fast Companyhttps://www.sagaleadership.com/blog/management-myth-busted-the-boiled-frog?_sm_pdc=1&_sm_rid=NsMTk6jSs7H2Q2RD7j6VD7Mq3Fq3DVk66Nt0j5q

2 Estratto dall’Aspen Ideas Festival, 2010, https://www.businessinsider.com/niall-ferguson-the-us-has-6-years-before-debt-payments-surpass-defense-spending-2010-7

3 Bloomberg. Bankrate 30Y Mortgage Rates Index, 18/07/2024.

4 https://www.cbo.gov/publication/60419

6 Rueff, Jacques. 1972. The Monetary Sin of the West. New York: The MacMillan Company.

7 https://theconversation.com/the-reinhart-rogoff-error-or-how-not-to-excel-at-economics-13646

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